l'autore
Keim Matteo Camarda
Perito tecnico del commercio internazionale per il marketing, scrittore, video editor, web designer, marketing specialist
Keim Matteo Camarda
DarkVanities #DorianGray
MEMENTO
Rimembri il mordace desiderio...
che tuo era per me?
Legata alla morsa del dolore,
attendo per te!
Oh amante sfuggente...
Mi accingo a sbocciare,
con te oh mio fiore,
nel tuo eterno svanire,
mentre leggiadra mi vedo,
morire e appassire.
Rimembri i giorni fugaci,
Rimembri come me?
Rimembri ciò che fosti
In quei tempi foschi e loschi?
Rimembro, io:
Il sollievo di un’unione,
in intensa voluttà,
E carezze sottili,
di reciproca fedeltà.
Le mie maniere febbrili,
le tue Indiscusse libertà...
Stregami a volontà!
E piegati alla vanità!
Il tuo volto storto,
mi struggo ma rammento.
Meco ti porto.
Un bacio e io m’incendio.
Nel diniego e nello sconforto,
celato di brume oscure,
amaro ti ho accolto,
nel sonno della ragione.
Indi ascolta il mio canto:
Amore, non mi pento!
Né di nefaste nefandezze,
né di preziose scelleratezze.
Offuscate memorie,
lugubri d’Inverno,
narrano storie,
dun bramato Inferno.
E mentre il palco s’accende,
un bagaglio di sfingi...
Infausto mi sorprende,
tu d’istinto mi cingi.
Il mio volto è spezzato,
oh luce dei miei occhi,
tu che fievole mi abbandoni...
Per un memento mi disonori?!
Rosse le mia labbra,
il tuo cuore scarlatto;
nubi d’invidia,
e fu compiuto il misfatto.
C’incamminiamo dunque,
immuni alla perfidia,
armati di antichi ardori,
del mio lamento testimoni.
Godo di segni beati,
io e il tuo sorriso,
tra i miei seni dorati,
ponimi il tuo viso...
Colti dalla speme,
nutriamoci insieme,
il tuo seme zampilla,
la mia Làmia scintilla.
Torna nel nido:
mio improvviso bisogno di te...
Odi il mio grido:
vedrò io per te!
Sempiterna e degna,
ivi sta e racconta:
di tempi lontani,
di raccolto e vendemmia,
e di svariati profumi,
oh malinconica sinfonia,
che la gioia mi donasti...
e in un abbraccio mi ghermisti!
A guisa di acque perpetue,
o di antica coltura,
tu che mieti e perdoni,
t’affanni Imperitura.
E dinnanzi all’altare...
gelida t’infiammi.
Giocata mi hai,
tra illusioni ed inganni!
Rossa come il pelo,
rossa come la passione,
oh mio trascendente velo,
oh, mera sensazione.
E in un ultimo anelito,
s’intreccian sospiri...
Quel tetro fremito,
eroe tu che mai perivi.
Baluginavan pensieri,
ed umori maligni:
il gioco della conoscenza,
il giogo della sofferenza.
Truce giacqui e mi calmai,
era ciò che volevo.
Inquieta mi voltai,
e il tuo spettro rimirai.
Ivi più si posa,
quel timido sole:
ove mi cingesti,
ove mi ghermisti!
Ti venero ordunque,
quale musa ispiratrice:
che se di pietra si parli,
si dica di una coccatrice.
E si dica di un cuore,
e d’una fatal melodia...
a cui tutto si addice,
da cui tutto và via.
Che tu sia il mio male,
che ne scaturisca del bene.
Epitaffio d’amore?
Epitaffio d’orrore!
Nero come il tormento,
nero com’il più fasto ornamento!
Per angoscia mi protendo,
per timore mi trattengo.
Puro per il candore,
vero per il terrore;
che nostri spiriti inquieti
si congiungano insieme!
Che vana io vagheggi,
in leale perdizione,
figlio mio
impudente
quale punta di diamante.
Oh fanciullo paziente,
alcuna lacrima d’addio:
oh mio uomo saccente,
non esser restio.
Noi che nell’atto odoroso,
ci perdemmo l’uno nell’altra,
noi, che con passo ombroso,
ci adagiammo in un tantra.
In sconsiderate dicissitudini
e in altrettante consuetudini
umile ti invoco
re del mio mondo
votata al tuo culto
e al tuo occhio giocondo
mi spengo in un pianto,
e non raggiungo il fondo.
In un ciglio ti sorprendo,
io che al ciglio t’attendo,
e di vischio ti decoro,
in mancanza di lauro o alloro.
Specchio dei miei occhi,
luce del mio sguardo,
lasciami al cordoglio
e ferma il mio ragguaglio!
E se del tuo cupo animo,
tra venti e foschie,
in vero varcai i cancelli,
per tradimenti e malie,
in quest’attimo io giuro:
per sempre vagheremo
in ciò che la morte può unire!
Tutto di me
si ottenebra;
sospesa nel tempo,
mai s’allevia questo tormento.
Ma io conservo e rammento!
Taccio e ti penso,
inquieta e perduta,
finché il lume sarà spento,
e la speranza caduta.
Restia ed adornata,
verso l’oblio invitata,
mi staglio fin dove il cielo più buio esita ad apparire:
che nella danza delle ombre,
un infido sentiero, levita
pronto a svanire.
La sciagura di un canto,
nell’evanescere degli echi...
per sempre gioiremo!
Sedotti biechi e ciechi.
Vuoti colmati dal piacer più sublime,
qual destino migliore...
Mio Thew non so più che dire.
Rivoglio il mio amore!
In un sorriso son tua,
e tua soltanto...
mio Paradiso,
In un sospiro m’incanto.
Le macerie di una vita,
spesa in polveri mortali,
che come profani desideri,
si perdono soavi e grevi.
Smarrita non mi compiango,
esito a scomparire,
che di dolore e sangue,
mi ritrovavo a soffrrire!
Regole disfacevi...
di passioni mi adornavi.
Come dalla tenebra ti rivelavi,
la veste mi scostavi.
Gravida mi lasciavi,
di lacrime e significati;
di oscurità, mi rivestivi,
ed esule, compativi!
Per mano mi portavi:
«Ti conduco, ti conduco.»
E la vita mi mostravi
quale frutto caduco.
Chiusa veglio,
tra le mura della notte.
E malinconica t’attendo...
in un pallore di morte!
Keim Matteo Camarda
Vita D'Autista by Massimiliano Moresco
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